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Due personaggi caratteristici della Quaresima Molfettese

A cura del prof. Cosmo Tridente.

N.B. - nel lessico dialettale la “e” non accentata non va letta.

Il primo è Berardino Claudio, alias Vardìnë (classe 1906), morto il 3-1-1990, che operava come sacrista (sagresténe) nella chiesa del Purgatorio ove ha sede l’Arciconfraternita della Morte dal Sacco Nero. Era il decano dei sacristi molfettesi, un po’collerico per carattere, che si vantava di continuare l’attività del suo bisnonno.
Gerardo de Marco (“Molfetta Nostra”, febbraio 1978) così lo descrive:«Conosceva tutto dell’Arciconfraternita e della vecchia Molfetta e su un grosso brogliaccio scriveva appunti, note, memorie, fatti corredati da ritagli di stampa. Questo libro, diceva, sarà donato alla Biblioteca Comunale “Panunzio”, dopo la mia morte. A sera inoltrata del martedì di Carnevale, prima che si avviava la processione della Croce, appariva Vardinë sul sagrato del Purgatorio per impartire le necessarie istruzioni ai portatori, a quelli delle torce e finanche o tèmmurre. La sua attività si rispecchiava puntualmente in determinati giorni della Quaresima, quando era alle prese con il settenario dell’Addolorata e per allestire il sepolcro, operazione che richiedeva impegno nel sistemare le statue, ceri votivi, fiori, drappi. Preferiva lavorare da solo, senza introduzione di chicchessia. In tali occasioni egli indossava un camice nero (n.d.: un po’ sudicio) e legato alla cintola portava un rumoroso mazzo di chiavi».
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Man mano che la statue uscivano in processione dalla chiesa del Purgatorio, lui era sempre in primo piano con le braccia aperte e le mani avvinghiate ai pomi anteriori delle “stanghe” per imprimere l’andatura ai rispettivi portatori, con i quali a volte si scontrava verbalmente fino ad arrivare a “ci si tàue e ci sò àie”(chi sei tu e chi sono io), dato che per loro, in quel momento, costituiva un intruso. Ricordo, infatti, il sabato santo del 1961, quando all’uscita della statua di Maria di Cleofa (o Cleofe o Cleopa), il priore pro-tempore dell’Arciconfraternita della Morte, Giuseppe Tridente (mio zio), dovette intervenire per sedare un vivace alterco tra i portatori (appartenenti alla Confraternita della Purificazione) e il sacrista: “Vardìnë lìevete dé nénz a le pìete ca ne dè fastìdeie! (Vardìnë togliti dai piedi che ci dai fastidio!)-dicevano i portatori-. “Cé dè ca si dìtt, veseràie? Mó ve fazze trasàie ind’alla chiéseie (Purgatorio) e ve fazze assàie comm’a le cresteiéne, quénd’évvéiere Crìste ca né zò dégne de nemené! Che mèieche avàit’a felà dritte!” (Cosa hai detto, vossignoria? Ora vi faccio rientrare in chiesa e vi faccio uscire come i cristiani, quanto è vero Cristo che non sono degno di nominare! Con me dovete filare diritto!)- replicò indignato e tutto rosso in viso, Vardìnë, attivamente impegnato perché tutto potesse procedere nel massimo ordine-. “Segnerì nèn fè pegghià pagàure a nesciàune! Sè cé ddìsse Pezzarìedde? – A ci ngiu càche!” (Tu non fai paura a nessuno! Sai che disse Pizzarello? – Chi se ne frega!) fu la risposta, decisamente triviale, dei portatori i quali dovettero nervosamente sottostare alle sue direttive, portando fuori dalla chiesa del Purgatorio uno degli otto capolavori del Cozzoli, ivi venerati.
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Il secondo personaggio è Giovanni Camporeale, alias Giovénnë (classe 1930), tuttora vivente, sacrista della chiesa della SS. Trinità (meglio conosciuta come chiesa di S.Anna dal nome della santa ivi venerata) e dell’attigua chiesa di S.Stefano (la parrecchiédde), ove ha sede l’omonima Arciconfraternita dal Sacco Rosso. Da oltre 60 anni si dedica con passione a preparare le liturgie, cantare gli inni delle novene in onore di S. Anna e della Visitazione di Maria SS. e a ciò che tutti i molfettesi attendono per un anno: la Quaresima, il sepolcro e le processioni della Settimana Santa. Nella chiesa di Santo Stefano ha allestito circa 50 sepolcri con i cinque Misteri ivi custoditi dando ad ognuno allestimento e significato diversi. Sua è anche una collezione di statue a soggetto sacro, pregevole raccolta di artigianato locale che va dai primi del ‘900 fino agli anni ’50. A lui si devono molti meriti, ma quello più grande è stato, grazie al suo carattere gioviale, quello di aver convinto molta gente a praticare il culto e la devozione ai Santi. La prova di ciò è il considerevole numero di associati alla Confraternita della Visitazione, in gergo sesserrìste (sussurranti, nel senso di riservatezza e di discrezione che un tempo caratterizzava il sodalizio), per la quale si è adoperato per circa 45 anni, recandosi alle case dei confratelli per riscuotere le annualità del pio sodalizio. La storia delle Confraternite e delle tradizioni popolari molfettesi, sono i suoi grandi interessi durante il tempo libero.
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Negli ultimi tempi, per motivi di salute, Giovénnë ha dovuto rinunziare alla sua attività di sacrista per cui non lo vediamo più, com’era consuetudine, seduto tranquillo e affabile accanto alla porta della chiesa di S. Anna a conversare con amici e conoscenti, in attesa che iniziassero le sacre funzioni. Ci rammarica che con la sua uscita di scena si perdono ricordi, curiosità, fatti e personaggi che egli, calmo e serafico, raccontava a chi ama la cultura popolare e religiosa di Molfetta.
Si tratta di due miti che fanno parte della “galleria” dei personaggi tipici d’una vita spirituale di paese, di due persone che hanno davvero amato con il loro servizio “la casa dove dimora il Signore e il luogo dove abita la sua gloria”(dal Salmo 25,8).
Per le notizie sul sacrista Giovanni mi sono avvalso della collaborazione del figlio, Cosma Damiano Camporeale, al quale va la mia gratitudine. Un doveroso ringraziamento rivolgo altresì al dott. Francesco Stanzione, Priore dell’Arciconfraternita della Morte, per avermi messo a disposizione alcune foto del 1973, tratte dal suo archivio, in cui si riconosce Vardìnë.
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* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente, pubblicato su "Quindici" di febbraio 2008.

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