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Una febbre ben comprensibile

A cura del Prof. Cosmo Tridente.

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L’evangelista Marco (1, 29-31) ci riferisce della suocera di Pietro che «era a letto con la febbre». Non è dato sapere la causa di quella ipertermia, per cui vorrei proporre al lettore una mia interpretazione abbastanza concreta.

Questa donna, il cui nome è sconosciuto nel Vangelo, saputo dell’arrivo di Gesù accompagnato da Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni, ha registrato un balzo al cuore. Non poca era la sua rabbia per l’incontro con questo rabbi di Nazareth che aveva creato in casa Simone qualche scompiglio. E, incontrando il Maestro,non avrebbe resistito a cantargliene quattro di santa ragione. Come aveva potuto? Come aveva potuto persuadere uomini onesti e laboriosi ad abbandonare un lavoro che prima di loro era stato dei loro padri? Il lavoro con il quale mantenevano le loro famiglie?

Ora, a tutto questo veniva ad aggiungersi il fatto che ospitare in casa il rabbi e i suoi amici creava ulteriori pesi in famiglia. La suocera di Pietro non ce la fece più. Sentì salire la febbre e, come schiacciata tra rabbia, emozioni e fatica, dovette mettersi a letto.

Ma successe qualcosa di imprevedibile. Gesù entra in quella casa e si accosta alla donna febbricitante. Con il suo tratto dolce, semplice e amoroso, crea un clima di calore e di semplicità. La suocera di Pietro, come d’un tratto, nell’ascoltare quel saluto, all’udire quella voce, si sente lei stessa “ospitata” nel cuore di Gesù. Quando sentì il tocco di quella mano le paure e le tensioni si allentarono e le energie ripresero a circolare in lei. «La febbre la lasciò» e lei passò all’azione, sia pure nel contesto di una cultura che spesso e volentieri delegava alla donna compiti di “servizio”.

Dal breve racconto di guarigione (solo due versetti) lo stato di salute della suocera di Pietro non appare poi così grave: essa ha soltanto un po’ di febbre e si sta curando stando a letto. Non si capisce, quindi, come Gesù abbia impegnato la sua potenza guaritrice per sollevare la suocera da una indisposizione, che l’ha costretta a letto; né si comprende la grandiosità di questo miracolo, tale da essere menzionato nel Vangelo. Qui, infatti, non abbiamo un cieco, uno storpio, un indemoniato, un lebbroso o un morto, ma soltanto una donna fisicamente indisposta.

In realtà la situazione non è così semplice come appare. Per comprendere la gravità della situazione e, in realtà, a cosa essa allude, bisogna riferirsi al termine febbre, con il quale nell’antichità si indicavano tutti quei mali che provocavano un rialzo termico. La suocera, pertanto, non è affetta da una malattia precisa, ma è un qualcosa di vago che le sta minando la salute e le impedisce di condurre una vita normale. La febbre è soltanto un sintomo che affonda le sue radici nella prostrazione stessa della suocera.

In altri termini, la suocera “è stata colpita e prostrata”, per questo “ha la febbre”, cioè è resa invalida. Non ha bisogno di farmaci antipiretici, ha bisogno della parola di un Uomo che le comunica la vita e le comunica che è possibile con Gesù sperare, è possibile con Gesù vivere una vita al di là dei canoni del mondo.

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* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.

* Foto tratta dal web.


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