Un
appuntamento importante per la
Chiesa, nel mese di novembre, è rappresentato dalla festività
di Ognissanti, detta anche di “Tutti i Santi” (in latino:
Festum Omnium Sanctorum),
in occasione della quale si onorano non soltanto i santi iscritti nel
martirologio romano, ma tutti i giusti
di ogni lingua, di ogni razza e di ogni nazione, i cui nomi sono scritti nel
libro della vita e che godono la gloria del Paradiso. Una ricorrenza di
notevole rilevanza per la
Chiesa che celebra tanti uomini e donne che hanno dato tutto per
la fede e sono diventati per noi «modelli di vita e insieme potenti
intercessori».
La
devozione ai santi, però, non viene praticata solo in chiesa ma anche
attraverso la riproduzione in miniatura delle immaginette sacre, chiamate
comunemente santini. Questa speciale iconografia di piccolo formato ha
accompagnato la storia della Chiesa specificamente fra il XIV secolo e la prima
metà del XX secolo, periodo questo cui corrisponde l'iniziale produzione e la
sua maggiore diffusione.
Tutti i santini hanno un recto
e un verso: come le medaglie o le
monete e, come sanno bene i collezionisti di oggetti numismatici, si tratta
della facciata A e della parte posteriore. Sui santini, com’è noto, la parte
posteriore contiene spesso una preghiera dedicata al santo o all’immagine
religiosa raffigurata, nonché la data di stampa, il nome della ditta stampatrice
e l’imprimatur di un’autorità
religiosa. A volte, sono presenti anche notizie biografiche sulla vita del
santo o beato raffigurato. Possono essere riportate anche preghiere e orazioni
in forma poetica con strofe spesso fatte da quartine di versi senari, settenari
e rima baciata o incrociata, non sempre grammaticalmente corretti. Possiamo
leggere preghiere o espressioni in latino come ad esempio: Consolatrix Afflictorum, sull’immagine dell’Addolorata; Stabat Mater dolorosa, iuxta crucem
lacrimosa, su quella della Pietà; Veni
Sancte Spiritus, sull’immagine dello Spirito Santo; Ad Sacratissimi Cordis Jesu, sull’immagine del cuore di Gesù; Sancte Michaël Arcangele, defende nos in
proelio, ut nos pereamus in tremendo iudicio, sull’immagine di S. Michele
Arcangelo; Ecce Crucem Domini! Fugite partes adversae! Vicit Leo de tribu Juda,
Radix David! Alleluia! su quella
di S. Antonio da Padova; oppure: Christus
vincit, Christus regnat, Christus imperat, Christus ab omnimalo nos defendat, sull’immagine
di S. Brigida; o anche: Quando
corpus morietur, fac, ut animae donetur Paradisi gloria, sulla figurina che commemora le anime dei defunti.
Un
tempo i santini venivano distribuiti in chiesa (il luogo più naturale) durante
le sacre funzioni e ciascuno amava conservarli nel messale, nel portafogli, nel
taschino della giacca o affiggerli dietro la porta di casa, nel negozio, nella
stalla, nei luoghi di lavoro. Si inserivano altresì, per buon auspicio, nei
materassi di lana e nella coperta imbottita (u cheltrìdde) delle coppie prossime alle nozze. Infatti, quindici
giorni prima del matrimonio in casa della futura sposa c’era la festa
dell’imbottito durante la quale veniva riempita una coperta di bambagia e,
all’interno della trapunta, si inserivano le figurine di s. Anna, s. Antonio,
s. Giuseppe, santi Medici o altri santi a giudizio degli addetti ai lavori.
Le immagini avevano, in linea con il magistero della Chiesa, due funzioni fondamentali: quella di divulgazione della vita dei santi e quella edificante di incitare alla pietà cristiana; inoltre, essendo dedicate a una devozione privata, rispondevano a un bisogno primordiale di protezione: non a caso i santi più venerati erano quelli che proteggevano la salute. Il "patronato" a volte era attribuito in base al martirio del santo: per esempio san Bartolomeo proteggeva contro le malattie della pelle in quanto era stato scorticato vivo; altre volte la devozione popolare attribuiva le protezioni sulla base di assonanze fonetiche del nome: santa Lucia, il cui nome ha la stessa radice del latino "luce", proteggeva il "lume" degli occhi. Alla devozione al santo si legava la fiducia nel potere taumaturgico delle reliquie contenute nel santino e poi una fiducia scaramantica in un potere quasi magico delle immagini.
In
casa il mobile-santuario per eccellenza era il comò: infilati tra lo specchio e la cornice di legno, era tutto un
mondo di fede e di memoria. Accanto alle fotografie dei propri defunti (rècchi’ è pàsce all’énema sò) o a quelle
dei figli emigrati (Ciccìllë, Nocchèll, cumbà
Damién, Sabbéll, Petrùccë, Mériétt,
Paulùccë, Nofarùddë, ecc) tanti santini
erano lì in bella mostra, a volte ingialliti e usurati dal tempo, ma sempre
venerati con fede e illuminati dalla luce fioca di una lucerna.
Verso
queste immaginette gli atteggiamenti erano senz’altro di rispetto: se fatte
cadere inavvertitamente, esse venivano devotamente raccolte e baciate prima di
rimetterle al loro posto; gettarle via o addirittura strapparle era considerato
quasi un sacrilegio e potevano essere distrutte solo dalla fiamma, dopo aver
recitato una preghiera. Si accostavano, altresì, alle labbra dei pargoletti
dicendo loro: Dà u bacéttë a déddé! (déddé era il nome infantile dell’immagine
sacra).
Conservare
questi oggetti, per quanto semplici e umili, significa ricordare i valori
cristiani e popolari che incarnano. Sono come delle silenziose reliquie che
testimoniano la fede semplice e vissuta per lo più nel segreto e nell’intimità
del focolare domestico. In particolare, le immagini dei santi Patroni
costituiscono, specie per gli emigrati, un modo di rimanere in contatto con la
propria terra e con le proprie tradizioni.
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Piccole
superfici di carta o di pergamena venivano intagliate con pazienza e traforate
con le forbicine oppure puntiate con l’ago, per creare fragili e deliziosi
pizzi. Al centro di ciascun esemplare era dipinta o fissata la sacra effige del
Cristo o della Vergine o di un santo. Le immaginette della Prima Comunione
riportavano il nome del comunicando, la data e la chiesa, con qualche frase più
o meno poetica. Abbinati erano i simboli della Comunione: il calice, la spiga
di grano, la fiamma dello Spirito Santo ecc. L’immaginetta di un defunto, in
questo caso si chiamava luttino,
riportava il volto della Vergine Addolorata per le donne e il Cristo in croce
per gli uomini.
Tale iconografia è ormai andata in disuso, essendo stata sostituita dalla foto del defunto con una breve prece ricordo.
Tale iconografia è ormai andata in disuso, essendo stata sostituita dalla foto del defunto con una breve prece ricordo.
Oggi
le occasioni in cui le immaginette vengono utilizzate sono sempre più rare.
I santini moderni riproducono, nella migliore delle ipotesi, delle icone bizantine, ritenute ricche di spiritualità, ma forse troppo distanti dalla cultura occidentale e troppo lontane da coloro che amano l'immaginetta sacra non solo come fenomeno di devozione popolare, ma anche come espressione artistica.
I santini moderni riproducono, nella migliore delle ipotesi, delle icone bizantine, ritenute ricche di spiritualità, ma forse troppo distanti dalla cultura occidentale e troppo lontane da coloro che amano l'immaginetta sacra non solo come fenomeno di devozione popolare, ma anche come espressione artistica.
* Testo a cura del prof. Cosmo Tridente.
* Foto tratte dal web.