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Carnevale e Quaresima

A cura del Prof. Cosmo Tridente.

In passato, i bambini, l’ultimo giorno delle vacanze natalizie, assumevano un’aria malinconica perché l’indomani dovevano ritornare a scuola. Ma venivano confortati dai genitori che dicevano loro di stare allegri perché fra una decina di giorni ricorreva Sénd’Éndùene méscechere è sùene (S.Antonio maschere e suoni). Il detto va riferito a S.Antonio Abate che si festeggia il 17 gennaio. Stesso riferimento vale per l’interiezione Curë Sénd’Éndoneie! nel significato di “quel benedetto uomo!”, avendo sostituito Curë Sénd’Alò, protettore dei cavalli e dei maniscalchi.
In concomitanza con questa ricorrenza ha inizio il Carnevale che, nei primi secoli del cristianesimo, era pressoché ignorato mentre la Quaresima godeva della massima osservanza. O meglio, il Carnevale era festeggiato in quanto, indulgendo ad una moderata baldoria ed allegria, doveva porre termine ad ogni divertimento e ad ogni lauto pranzo e allo stesso uso della carne. Va detto, in proposito, che specialmente il giovedì grasso era tradizione consumare un pranzo a base di orecchiette al sugo di maiale e “pizza rustica”, bella a vedersi, profumata e delicata al tempo stesso, squisita ed appetitosa come tutte le preparazioni della nonna … Carnevale, secondo la credenza più comune vuole dire appunto carnem levare, togliere la carne dalla dieta quotidiana per non infrangere i rigidi precetti dell’astinenza e del digiuno quaresimali.
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Ai giorni nostri, invece, di più pallida fede e di più blandi costumi, il Carnevale trionfa come una festa a sé, e la Quaresima si ritura nei fortilizi della Liturgia, abbandonando quasi interamente il campo penitenziale. Il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo, all’inizio e alla fine della Quaresima, restano gli unici due giorni legati alle consuetudini di austere mortificazioni che caratterizzavano tutti i quaranta giorni di digiuno trascorsi da Gesù nel deserto. L’euforia maggiore del Carnevale è rappresentato dalle maschere, dai veglioni, dai carri allegorici. Si cambia volto, vestito, sesso, mestiere e si ha veramente l’impressione di essere un’altra persona, non più soggetta alle normali regole del buon senso e della buona creanza. E le parole, i gesti, gli scherzi che in altro periodo dell’anno sembrerebbero sconvenienti, a Carnevale passano come battute di spirito; e il decoro che ciascuno conserva come qualche cosa di sacro nelle abituali circostanze della vita, a Carnevale diventa un ferrovecchio da buttare.
Sia ben chiaro che nessuno condanna il Carnevale, ma si condannano le esagerazioni che si nascondono sotto il sorriso di una qualche maschera. La legge morale non è a corrente alternata e il cambio di un vestito non può capovolgere gli obblighi che regolano le coscienze umane.
L’evasione dalle preoccupazioni quotidiane quale vuol rappresentare il Carnevale, non può diventare una evasione dalle proprie responsabilità e dai propri doveri. Né lo stordimento di poche ore o di pochi giorni può annullare la coscienza.
Sia benvenuto dunque il Carnevale se ci permette quello svago e quel riposo dello spirito che sono necessari, soprattutto in un tempo di stress e affanni come il nostro.
Si conservino pure quelle tradizioni locali che risalendo ad età antiche, hanno il merito di divertire senza infrangere legge morale alcuna, il buon gusto e lo stesso galateo. Dopo la parentesi carnascialesca, è consolante vedere tanti molfettesi, anche giovani, accodarsi alla processione della Croce, organizzata annualmente dall’Arciconfraternita della Morte, che segna l’inizio della Quaresima e che ci induce a meditare sulle parole pronunciate da Dio ad Adamo: Ricordati, o uomo, che sei polvere e che in polvere ritornerai (Genesi,III,19).
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* Testo e foto a cura del prof. Cosmo Tridente.

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