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Una marcia funebre eseguita da tutte le bande del meridione d' Italia

A cura del Prof. Cosmo Tridente.
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Nel repertorio delle marce funebri di compositori non molfettesi, una marcia che viene spesso eseguita durante le processioni del venerdì di passione e della settimana santa è quella del Maestro Amedeo Vella, intitolata “Una lagrima sulla tomba di mia madre”, nota in tutto il sud Italia e resa celebre anche dal film di Vittorio De Sica "Pane amore e…" (1956) e da "Amarcord" di Federico Fellini (1974).
La forma “lagrima” (con la “g”) è dovuta al processo di trasformazione delle consonanti sorde c, p, t nelle sonore corrispondenti: g, b, d, passando dal latino alle lingue volgari. Tale forma è stata spesso adottata da scrittori in lingua letteraria, specie nei secoli passati. Ne cito alcuni; Dante (Vita Nova): “Piangendo uscivan for de lo mio petto / con una voce che sovente mena / le lagrime dogliose a li occhi tristi”; Tasso: “Le nascenti lagrime a vederle / erano a i rai del sol cristallo e perle”; Petrarca: “ O cameretta, che già fosti un porto / a le gravi tempeste mie diurne / fonte se’or di lagrime notturne, / che ‘l dì celate per vergogna porto”; Pascoli: “Sempre a gli occhi sento che mi viene / quella che ti bagnò nell’agonia / non terminata lagrima le ciglia”; Verga: “Aveva sempre pagato del suo la festa, in moneta di lagrime e di onte segrete”; B. Croce: “L’artista deve darci le lagrime delle cose e non le lagrime sue”; Carducci: “Ella cantava questa terrena valle di lagrime, le nostre gioie che son neve al sole, le glorie del di là ove trasfigurata l’anima sguazza nelle voluttà eterne”.
Il titolo della marcia è emblematico in quanto racchiude momenti che appartengono alla natura degli esseri umani: la morte, la morte di una madre, la tomba, le lacrime. La morte fa parte della vita. Nell'universo infatti tutto ha un inizio e una fine. Quando Giovanni, nell'Apocalisse 22,13, fa dire al suo Cristo: "Io sono il Primo e l'Ultimo, l'Alfa e l'Omega, l'Inizio e la Fine, l'Origine e il Punto d'arrivo", doveva in qualche modo aver capito che in natura esiste una sorta di "finalismo", di "ricapitolazione intelligente delle cose". Non era, la sua, l'esagerazione di un visionario, la boutade di un mistico. Questo processo, infatti, lo si riscontra nella vita in generale, nell'esistenza delle cose, nel corso dei processi storici.
Il motivo per cui non riusciamo ad accettare la morte è dovuto al fatto che per istinto rifiutiamo l'idea che ci venga a mancare una persona amata, come ad esempio la propria madre.
«La morte della madre – scrive Oriana Fallaci – è la morte della creatura che ti ha concepito, portato dentro il ventre, regalato la vita. Nell’attimo in cui muore, muore fisicamente una parte di te».
La tomba è la meta di tutti: «Omnes eodem cogimur» (siamo tutti sospinti verso una stessa meta) dice Orazio (Odi, II, 3, 25). Che dire delle lacrime: spesso, purtroppo, sono legate al cordoglio funebre. Il profondo dolore per la morte di un congiunto si esprime proprio nel pianto.
La marcia, come ci riferisce il prof. Mauro Spagnoletti, è stata edita su parti stampate dalla Casa Editrice ”Pucci” di Portici (Napoli) che ne è diventata proprietaria. La marcia, dopo un breve inizio in Sol minore, presenta un magnifico canto, nella stessa tonalità, affidato al flicorno tenore che ne costituisce il tema dominante. A questo motivo struggente ed estremamente cantabile segue un trio, in Sol maggiore, davvero originale, caratterizzato da un continuo arpeggio dei clarini.
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Un utente del blog “La Settimana Santa Mottolese”, in un suo commento datato 23 luglio 2008, sostiene che (cito le sue parole) «l’autore della marcia “Una lagrima sulla tomba di mia madre” non è stata composta da Amedeo Vella, la marcia è stata rubata da Amedeo Vella al maestro Giovanni Neglia di Villa Castelli, di cui io possiedo la partitura originale manoscritta e con il titolo originale che non è “Una lagrima…” ma è “A DOGALI”». Non avendo a disposizione elementi sufficienti per poter esprimere un giudizio su quanto asserito dall’utente citato, la notizia rimane confinata in un dubbio amletico.
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Notizie biografiche dell’autore ci vengono fornite da alcuni siti web.
Amedeo Vella (e non “Alberto”, come erroneamente a volte lo si nomina) nasce a Naro (Agrigento) il 28/8/1839 da Calogero e da Pacinella Giuseppa. Da un registro della popolazione di Naro della seconda metà dell'Ottocento si rileva che la famiglia di Don Calogero Vella era composta da detto Don Calogero, padre e capofamiglia, di professione musicante; da Donna Giustina, figlia e di professione cucitrice; da Don Amodeo Patrizio, figlio e di professione musicante militare; da Don Alfonso, figlio ed anch'egli musicante militare. La moglie di Don Calogero, Pacinella Giuseppa, risulta deceduta il 17/7/1850 all'età di 40 anni per cui Amodeo Patrizio aveva 11 anni al momento della morte della madre. Nei successivi atti del comune di Naro, il maestro Vella venne nominato “Amedeo” e non più “Amodeo”. Compositore precocissimo, si sposò con Nazarena Pulerà da cui ebbe quattro figli: Gesualdo, Giuseppina, Matilde ed Irene. Amedeo prestò servizio militare nel 54° Fanteria, partecipando alle campagne di guerra del 1860 e del 1866 e meritandosi due medaglie al valore. Per qualche tempo fu capo musica di banda militare, poi insegnò nell'orfanotrofio di Vibo Valentia. Qui si spense il 5/7/1923. Compose marce, opere sacre e didattiche ed anche marce funebri.
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* Testo e foto a cura del prof. Cosmo Tridente.

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